Tutti pazzi per la topa?

La vita è come recensire un libro. Chi scrive recensioni del cazzo perde tempo. E non meno di chi fa recensioni di libri del cazzo. Insomma, de facto, qualcosa di già successo ci accompagna: a noi tocca soltanto commentare la solita tiritera dell’esistenza. Per esempio, prendete la topa: gli uomini non smetteranno mai d’essere alla sua mercé. Poiché, in genere, ciò che d’una donna rende smidollato l’uomo è la sua natura rapace, è la presunzione incalcolabile, è il disarmante egoismo, è la lacrima di coccodrillo, è la menzogna sulla punta della lingua, è la vaghezza dei suoi desideri e delle sue virtù; e non c’è niente da fare perché queste peculiarità (più o meno marcate a seconda della pulzella) rientrano ad hoc nel lato peggiore della cosiddetta “femminilità”. Gli artigli di tigre (sotto il guanto) d’una damigella sono assai audaci: una ragazzina astuta può addirittura lasciare intendere – ai penosi piantacarote che le credono, s’intende – d’essere rimasta gravida per caso, quando magari ha smesso volontariamente di gozzovigliare pillole anticoncezionali da mesi... Ma è d’obbligo ammettere che esistono pure donne vere, trasparenti. Come Han, per l’appunto. Interprete coreana fresca fresca di master, la conobbi durante un convegno. Era una ragazza della cui squisita femminilità non discorrerò affatto: sarebbe arduo per me trattarne. Quando le rivolsi la parola per la prima volta, non sapendo di che argomentare, balbettai qualcosa circa il terminale di rigassificazione off–shore al largo della costa livornese, «un progetto che – mie parole testuali – inficerà nientemeno che la frega delle orate». Una occidentale mi avrebbe mandato subito a quel paese. Lei invece, afferrando la maldestra ironia, rise di gusto; e un pochino mi stregò. Han, per me, è stata unica. Lei, con la sua fragrante sensualità, mi ha fatto sempre pensare: «O cosa ho trombato finora? Una vagonàta di polpi?». Lei, al contrario d’una mia vecchia fiamma che non toccava la vetta del piacere nemmeno col free–climbing, era capace di venire così tante volte che pareva un mitra. Ma, in primis, lei non è mai stata ipocrita: ciò che diceva era in linea col suo agire. Insomma, quando apriva bocca, non mi faceva struggere di depositare fecalomi grossi come cani a cuccia. Tuttavia, come spesso accade, un bel giorno la favoletta finì: Han, infatti, dovette far ritorno dalle sue parti... Incidentalmente, sapete che cosa vuol dire “Han”? Beh, si tratta d’un termine coreano intraducibile nella nostra lingua che, ironia del destino, significa “tristezza e speranza, nostalgia di felicità passate e fiducia in un riscatto futuro”.

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