Pecunia non olet… ma i comunisti sì!

Che tempi, quelli d'inizio secolo. In principio era il Cavalier Silvio Berlusconi: nel maggio del 2011, durante un comizio a Crotone per sostenere la candidata sindaco dell'Udc Dorina Bianchi, asserì, con la consueta carica sentimentale, che i vertici della sinistra «non è che si lavassero molto». Ed emanava raggi di luce intanto che profferiva ad alta e intelligibile voce una simile perla dello scibile, forse perché irrobustito dal sonno ristoratore che ogni dì gli intimava d'andare a letto con le galline, forse perché, proprio in quel mentre, ripensava commosso, sul filo della nostalgia, alla scamerita con osso di suina che aveva gustato la sera prima per cena. D'altra parte, da sempre, gli italiani accettano qualsiasi Premier: gettano il culo oltre l'ostacolo.
"Precari rossi", "toghe rosse", "stampa rossa": insomma, l'allora Presidente del Consiglio e i suoi guizzanti delfini li vedevano ovunque, questi sozzi "comunisti". Al punto che, per di più, il Capo del Governo aveva iniziato a fiutarli alla stregua del più ardito dei segugi, col fine di stanarli persino qualora si fossero eclissati nelle botteghe oscure del volgo informe o della plebe parlamentare. Magari per poi deodorizzarli, chissà.
D'altronde il Cavaliere – era universalmente noto, anche presso la tribù degli Tchambuli della Nuova Guinea – aveva assoluta dimestichezza col popolo italiano: lo conosceva come le sue cosche. E, oltretutto, pressappoco musica di arpe divine, aveva il dono della parola cortese, mai ringhiante, e di orientarla al cuore degli italiani (sebbene, in verità, mirasse regolarmente al didietro). Difatti, un mesetto dopo la kermesse di Crotone, rivendicando i meriti dell'esecutivo sul fronte della gestione dei conti pubblici, aveva strombazzato con volitiva moderazione: «Se sapessero quello che il Governo ha fatto per loro, gli italiani dovrebbero farci un monumento». Che ingrato. Perché gli italiani, il monumento, glielo avevano non solo fatto. Ma anche recapitato. Al volo.
Nel giugno del 2011, a Roma, nel corso del Convegno Nazionale dell'Innovazione, il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione Renato Brunetta, dall'alto della sua abilità diplomatica, segnatamente distinta da una toccante tolleranza su tutta la linea, aveva così apostrofato alcuni lavoratori appartenenti alla Rete Precari della Pubblica Amministrazione: «Siete la peggiore Italia!». Del resto, erano "precari rossi"...
«L'ennesimo scandaloso episodio di una forsennata aggressione che viene portata avanti da anni contro mio padre»: in questa maniera reagì il Presidente della Fininvest Marina Berlusconi, passata alla storia come la paladina dei più accaniti detrattori del botox, all'indomani della sentenza del Lodo Mondadori, che aveva condannato la holding del Biscione a risarcire la Cir di Carlo De Benedetti di 560 milioni di euro. "Toghe rosse" alla riscossa...
E la "stampa rossa"? Beh, anche i "giornalisti rossi" si erano dati parecchio da fare. Avevano occultato la notizia bomba. Che notizia? Questa: nel maggio del 2011, a Crotone, il Presidente del Consiglio aveva smascherato l'untuoso "diavolo rosso" e serviti su un piatto d'argento i delitti dei "compagni" contro il popolo italiano. Ovverosia: i comunisti, non lavandosi molto, causavano l'aumento delle tariffe dell'acqua!
Nell'Italia dei primi anni del XXI secolo, infatti, le società gestivano il Servizio Idrico Integrato alle condizioni economiche stabilite dalle Autorità d'Ambito: queste condizioni prevedevano che tali aziende recuperassero i costi connessi al servizio che le Autorità stimavano e fissavano per la gestione del servizio stesso. Detto recupero era garantito mediante una tariffa prestabilita applicata ai consumi idrici dell'utente, che quest'ultimo pagava in bolletta.
Alla fine d'ogni triennio di gestione, le società consegnavano alle Autorità d'Ambito i dati per verificare i valori economici risultati a consuntivo. Se i ricavi realmente conseguiti erano superiori a quelli fissati in precedenza dalle Autorità, le aziende restituivano nel triennio successivo la differenza. Viceversa, se erano inferiori, queste li recuperavano nel triennio seguente. Semplificando: in caso di maggiore fatturato realizzato, la differenza veniva restituita diminuendo la tariffa nel triennio successivo; analogamente, le società recuperavano il minore fatturato conseguito maggiorando la tariffa del triennio seguente.
Ma se i comunisti non si lavavano molto, non consumavano tanta acqua; se non consumavano tanta acqua, pagavano importi bassi di bolletta; se pagavano importi bassi di bolletta, le aziende che gestivano il Servizio Idrico Integrato ricavavano un minore fatturato; e quindi, le società, legittimate nel tutelare il proprio equilibrio economico–finanziario, dovevano aumentare le tariffe. Porco mondo! Per colpa di quei maramaldi dei comunisti, le tariffe dell'acqua lievitavano! E a farne le spese erano tutti gli italiani!
Che atrocità. Quale barbarie. Urgeva imprimere una svolta nella storia del Belpaese con una denuncia ferma e risoluta: il Premier l'aveva capito, poveretto. Col tempo sarebbero sbiaditi i ricordi delle agghiaccianti persecuzioni dei "mangiatori di bambini". Avrebbero finalmente prevalso l'alfa e l'omerda della luce, della verità, dell'amore. A Crotone giustizia era stata fatta, insomma.
Invece, nulla. Perché l'implacabile "stampa rossa" aveva insabbiato tutto. C'era riuscita con un gioco di prestigio, cioè dirottando l'attenzione degli italiani sul libro, appena appena agiografico, "Scilipoti, re dei peones", che, come se già il cognome non fosse bastato, si fregiava di una zuccherosa introduzione del Cavaliere, enfatizzata con tanto di fascetta editoriale. E, immantinente, i "giornalisti rossi" fecero serpeggiare anche lo strumentale pettegolezzo secondo il quale fosse pure in cantiere un altro volume, stavolta sulla vita strappalacrime di Silvio Berlusconi, il cui presunto titolo avrebbe dovuto suonare vieppiù così: "La mi' fava sa di menta". Che gentaglia, quella "stampa rossa".
Eppure, rileggendo la storia dell'Italia di quei tempi, non poche perplessità ci attanagliano. Una, in particolar modo. "Precari rossi", "toghe rosse", "stampa rossa": ma tutti questi "comunisti" che il Cavaliere e i suoi ameni pupilli vedevano o annusavano... in realtà, dove cazzo erano?

(Aprile, 2012)

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo