La città del mal d'ufficio

Livorno. Per un livornese è vero che il lavoro nobilita l'uomo? A parte la naturale propensione tutta labronica a non farsi saltare addosso dalla voglia di lavorare, pare che ai livornesi non piaccia più di tanto stare al lavoro. Infatti una recente statistica li ha fotografati insoddisfatti, demotivati, stressati. Come mai? Semplice: perché passano più ore sul posto di lavoro che col proprio marito o con la propria fidanzata. Tante ore, spesso troppe. Dentro uffici grigi, disadorni. Talvolta ricoprendo mansioni poco stimolanti. Sognando l'eldorado delle incentivazioni. Fra colleghi che si accorgono decisamente d'amare poco. Colleghi che t'invidiano perché lei chiacchiera più volentieri con te che con loro. Colleghe che se la tirano sebbene abbiano il coefficiente intellettivo d'una sciarpa di cachemire. E poi ci sono i carrieristi, più calcolatori d'un pallottoliere, con la fissa per gli straordinari. E, immancabili, i capi con le anime nere, che ti fanno mobbing serrato e ciononostante non provano più sensi di colpa dal primo volo librato dei fratelli Wright. Tutti scandalosamente umani. Insomma, volete mettere lo stress? Altro che mal di scrivania.
Ma ora bisogna dire no allo stress. E sciogliere quei nodi inestricabili che fanno la quieta disperazione di tanti lavoratori. In che modo? Salendo a bordo del truck "Capo, ti amo", un tir itinerante allestito come spazio–benessere che lo scorso week–end ha fatto tappa in città. Aperto al pubblico, il truck "Capo, ti amo", grazie alla sua task–force di superconsulenti, ha portato a Livorno una ventata di novità in seno a tutte quelle soluzioni che si propongono di migliorare la qualità della vita sul lavoro. Già, perché da un sondaggio fresco fresco dell'osservatorio People One Lab è emerso che ai livornesi, come ha affermato il 44% degli intervistati, piace poco l'ambiente in cui lavorano. E che, nel corso degli anni, la qualità della loro vita professionale è diminuita, cosa del resto sostenuta dal 51% dei chiamati in causa. Dati che riguardano tutti i gradini delle piramidi aziendali, non soltanto i dirigenti.
Shiatsu e dieta. Come correre ai ripari, dunque? Ma con "Capo, ti amo", che diamine! Dalla dieta al massaggio shiatsu durante la pausa pranzo: in pratica, venerdì e sabato sono stati svelati i segreti più arcani per sopravvivere al mal d'ufficio. Promossa da Accor Services (numero verde: 800834039), che vanta la paternità dei rinomati "ticket restaurant" e che concepisce e realizza idee innovative per migliorare la produttività delle aziende incrementando il benessere del personale, il progetto "Capo, ti amo" consente a chi lavora di sperimentare ogni soluzione in fatto di "work life benefit", vale a dire quei servizi che le imprese sono in grado d'offrire ai propri dipendenti per assicurare loro la massima tranquillità sul lavoro. Perché se l'impiegato sta bene, allora amerà il proprio direttore: che poi, in sostanza, è il leitmotiv dell'iniziativa. «In tour – dice Mario Fusco, responsabile del "work life team", la squadra di consulenti ad hoc targata Accor Services – sono venuti da noi imprenditori, impiegati, operai. E tutti sono rimasti soddisfatti delle nostre soluzioni. In definitiva, non c'è scetticismo nell'aria, ma tanto relax. Del resto lo stesso ticket restaurant, che può essere utilizzato sia nei centri commerciali che nei ristoranti, è una forma di relax per eccellenza, basti pensare alla comodità d'evitare di portarsi dietro i contanti o di correre al bancomat per prelevare i soldi». Praticamente, partendo dal ticket restaurant, che rappresenta un benefit di tipo alimentare, Accor Services ha sviluppato altre soluzioni all'insegna del benessere del lavoratore. Come il maggiordomo – una sorta di "Ambrogio personale" – da mandare in posta, a fare la spesa o in tintoria. Oppure il telefonino o il palmare gratuiti per un mese. D'altronde "relax" è la parola d'ordine. «Addirittura – aggiunge Fusco – chi ricopre mansioni di comando recepisce il nostro messaggio di relax e lo traduce in una maggiore elasticità nei rapporti con i propri subalterni. In altre parole, il manager "duro" per antonomasia diventa più flessibile».

Rose e asili. E a bordo del truck itinerante "Capo, ti amo"? Già, là sopra che succede? In un ambiente confortevole e profumato, tra rose rosse e moquette dai colori caldi, è stato allestito un vero e proprio percorso–benessere ripartito in aree tematiche. Per esempio, nell'area "Gustino best life" si dispensano consigli su come mangiare in maniera corretta nella pausa pranzo: «Il lavoratore che consuma il pasto fuori – spiega Carmelo Avanzato, nutrizionista e dietista – compie diversi passi falsi nella scelta dei cibi. Innanzitutto abusa di formaggi e maionese. Poi preferisce l'insalata alle verdure cotte. E mette da parte la pasta e il pane. Errori che sarebbe meglio non fare». Ma non finisce qui. Nell'area "Relax" del tir si può gustare una bella tisana rilassante. Invece nell'area "Look" uno stylist suggerisce come esprimere la propria personalità e apparire al meglio in ufficio. Mentre – e questa trovata meriterebbe una standing ovation – in quella "Office–fitness" un trainer insegna alcuni facili esercizi di rilassamento da fare alla scrivania.
Ma chi lavora che cosa ne pensa del "work life benefit", ovvero di tutte quelle soluzioni mirate a favorire e sostenere il benessere sul posto di lavoro? Lo abbiamo chiesto ad alcune tipologie di lavoratori. Secondo l'americana Désirée Petroff, insegnante del Cepu di Livorno, «indubbiamente un ambiente di lavoro confortevole può essere di beneficio al lavoratore: un ufficio pieno di luce, con colori allegri e postazioni comode, è a vantaggio di tutti. Se poi il capo mette a disposizione dell'impiegato una zona relax dove è possibile farsi un massaggio e un po' di stretching, perché non usufruirne?». «Forse però – sottolinea – sarebbe meglio pensare anche a zone adibite a nido per le mamme lavoratrici e ad orari più flessibili per chi deve accompagnare i figli a scuola». E ora l'opinione dell'ucraina Olga Talnikova, che si occupa di controllo produzione presso la Siemens di San Piero a Grado: «Credo che questa iniziativa sia di grande interesse per il lavoratore in genere e per le aziende stesse, che così possono migliorare il clima dell'ambiente di lavoro. Ma tutto dipende senz'altro sia dalla tipologia di attività – turistica, artigiana, eccetera – sia dal settore produttivo – siderurgico, tessile e via dicendo – dell'impresa. Però sul piano economico, a mio parere, sarà di difficile realizzazione nelle piccole e medie imprese». Per il livornese Alex Cirinei, manager di AdBoom.it, «non dobbiamo dimenticare che lo stress può anche essere costruttivo quando si lavora, poiché solo la pressione può farci produrre di più. E francamente credo che i massaggi vadano fatti, ma fuori dell'orario di lavoro. Sono convinto che la "worklife" possa infatti essere migliorata soprattutto imparando a gestire meglio le proprie tempistiche e a dare le giuste priorità alle proprie attività, in modo da poter avere più tempo libero da dedicare a noi stessi». «Diverso – conclude – è il discorso che riguarda la qualità dell'alimentazione, che spesso nella frenesia del lavoro viene trascurata, nonché la possibilità di "sfogarsi" durante le pause con attività sportive. In merito, vorrei sottolineare che molte grandi aziende della Silicon Valley come Hewlett Packard e Microsoft hanno campi da beach volley o da basket per i propri programmatori. Ma forse in Italia una cosa del genere è impensabile».

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