L'onda d'urto della cosiddetta "antipolitica"

Livorno. Son tutti bravi col senno di poi. In realtà nessuno poteva immaginare un esito così catastrofico per questa tornata elettorale. Beppe Grillo e il suo M5S non si sono abbattuti sul piccolo mondo antico della politica tradizionale come uno tsunami: è stato piuttosto un Armageddon, durante il quale l’ultima tromba del Dies irae ha parecchio squillato per i titani, vale a dire per PdL, Lega Nord, PD e UdC. E comunque, se per questi ultimi ha strombettato con terribile furia, per certe liste è stata addirittura l’estrema unzione.
Il successo di Beppe Grillo era prevedibile, è vero. Ma non in questa misura. Dal movimento dei grillini sono stati razziati – in proporzioni diverse a seconda della formazione bastonata – milioni di voti che un tempo premiavano la politica vecchio stampo. Del resto, le percentuali parlano chiaro. Anzi, invece di parlare, pare che strillino. Altro che aria fritta.
Alla Camera dei Deputati, in occasione delle elezioni politiche del 2008, Pdl e Lega Nord avevano riscosso rispettivamente il 37% e l’8%, mentre il PD si attestava al 33% e l’UdC al 5,6%. Nonostante l’eccezionale rimonta capitanata dal Cavaliere, nel 2013, alla Camera, il PdL e la Lega hanno raggiunto rispettivamente quota 21,6% e 4%.
Inoltre, il PD ha toccato il 25% e l’UdC l’1,8%. I numeri parlano da soli: l’emorragia di voti verso il movimento di Grillo, probabilmente causata dal così designato “sentimento dell’antipolitica”, ha messo al tappeto i pilastri della politica dello stivale, dimostrando un particolare accanimento nei confronti del centro e del centrodestra. Tutto ciò tenendo conto anche di uno scarto di affluenza in negativo del 5% tra il 2008 e il 2013.
Al Senato della Repubblica, nel 2008, il PdL e la Lega si posizionavano rispettivamente al 38% e all’8%, mentre il PD al 33,7%; nel 2013, il PdL ha raggiunto soltanto il 22%, la Lega il 4% e il PD il 27%. La stessa storia raccontata per la Camera, in soldoni.
Il M5S non ha risparmiato nessuno. Addirittura ci sono stati dei trombati eccellenti, come Gianfranco Fini e Antonio Di Pietro. E – almeno per ora, non si può mai dire – non entreranno in Parlamento nemmeno Antonio Ingroia di Rivoluzione Civile e Oscar Giannino di Fare per fermare il declino, tanto per citarne un  paio.
Insomma, l’Italia è un paese di santi, poeti, navigatori e commissari tecnici. Ma anche di venditori di fumo o di politologi da bar sport. Poiché la dispersione ha effettivamente penalizzato tutti. E non solo alcuni schieramenti.

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