L’acqua benedetta "divide" i fedeli

Livorno. Chiesa e discount shakerati ad arte con tanto di benedizione, come diavolo e acquasanta. E, inevitabilmente, il fuoco mefistofelico della polemica ha di nuovo illuminato il cammino di credenti e non. Una diatriba nata dall’impossibilità d’interrompere una delle tradizioni oramai secolari del Santuario di Montenero: quella legata alla «vendita» - oppure «offerta», che dir si voglia - d’acqua e olio benedetti ai fedeli. «Operazione commerciale» a rischio tracollo per l’intervento dell’Usl, il cui veto, un anno fa, negò per motivi igienici la vendita ai devoti d’acqua «corrente» consacrata. Costringendo pertanto i religiosi ad acquistare stock di bottigliette d’acqua «Lora» Recoaro e olio di marca ed applicare su ognuna di esse un’etichetta adesiva semitrasparente. Sopra è stampata l’effigie della Madonna di Montenero. Poi tutto viene benedetto 1000 pezzi per volta. Gli articoli vengono distribuiti, ancora sigillati, in cambio d’una «offerta». Secondo l’opinione di alcuni, un gesto tra il sacro ed il profano, ben lontano dallo spirito religioso. Secondo i devoti, invece, una giusta raccolta di fondi per sostenere le opere di carità del santuario.
«Condivido che si prosegua la tradizione dell’acquasanta - afferma Bruno Lo Porto, animatore del Comitato «Casi socialmente rilevanti», che è stato tra i primi a denunciare la vicenda, ma avrei un semplice calcolo da fare: se si «vende» una bottiglietta da 25 centilitri a 1 euro, ciò vuol dire che 1 litro d’acqua, ovvero 4 pezzi, costa 4 euro. In altri termini, quasi 8.000 vecchie lire al litro! Fare un’offerta è una cosa; ma un’offerta con indicazione obbligata la dice lunga su quella che io considero soltanto un’operazione commerciale. Spero quindi nell’intervento delle autorità competenti per verificare se la cosa rientri nella legalità. Poiché vendere 1 litro d’acqua a 8.000 lire è assolutamente illegale!».
«Gli introiti - osserva invece Mario Canessa - che i monaci ricavano da queste offerte vengono utilizzati per il mantenimento di questo complesso, che è davvero imponente. E una parte di essi va anche in beneficenza, a sovvenzionare le attività di volontariato organizzate dal Santuario. Per quanto riguarda il valore spirituale dell’acqua benedetta... c’è chi sceglie di crederci e chi no, dipende tutto dalla fede». Critica Fortunata Sanfilippo: «È quanto meno opportuno che si vada a fondo nella questione per accertare che il denaro sia devoluto in opere di beneficenza e che queste iniziative non siano esclusivamente fonti di guadagno».
«A mio parere - dice Roberto Motroni - l’acqua minerale va smerciata nei negozi o nei supermarket, e non in chiesa. La chiesa dovrebbe vendere fede, ricordi sacri e tutto quello di cui hanno bisogno i credenti». Tocca poi a Dina Di Franco: «Non comprerei mai una di quelle bottiglie perché, quando ho seri problemi da affrontare, mi rivolgo direttamente all’alto, senza intermediari. Questo è il mio modo d’intendere la religione».
«Noi commercianti - conclude Marzio Conti, presidente della «Pro Loco» di Montenero e titolare del ristorante omonimo - stiamo iniziando a preoccuparci. Soprattutto a causa di chi sta spingendo il «business religioso» decisamente oltre; un atteggiamento che rischia di mettere in crisi l’intera piazza. Quindi, mi sento in dovere di lanciare un SOS ai nostri amministratori, affinché ci difendano dallo strapotere del Santuario. Perché credo che si dovrebbe rimettere in discussione qualche autorizzazione di troppo».

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