Marito, moglie e quattro figli: il dolore in una roulotte

Livorno. In piazza Luigi Orlando, nel piazzale antistante il Cantiere Navale «F.lli Orlando», a poche decine di metri dalle abitazioni della zona, una famiglia intera vive in precarie condizioni d’igiene e sicurezza in una roulotte striminzita: marito e moglie sulla sessantina e quattro figli costretti da circostanze avverse a coltivare un’esistenza fuori dal tempo. E come se non bastasse additati dall’intolleranza.
«Otto anni fa mia moglie decise di lasciarmi - racconta Sergio Mangani, il marito - ed io rimasi a vivere da solo in un appartamento della ex «Casa Firenze» di Antignano. Lei e i ragazzi si stabilirono in questa roulotte (tra l’altro regolarmente acquistata grazie ai pochi risparmi) e da allora non si sono più mossi da qui. Io, invece, abitando solo, talvolta ospitavo qualche barbone, cosa che non sembrava piacere al vicinato e che spesso sfociava in discussioni parecchio accese. Durante la degenza all’ospedale per polmonite, mi fu rubato tutto: mobili, televisore e persino il cane. Allora decisi di trasferirmi qua, insieme a mia moglie. Ma non sempre passo la notte in roulotte: infatti, quando il clima lo permette, vado a dormire sul viale Italia, sotto le palme. Sono invalido civile e riscuoto una pensione di poco più d’un milione al mese. In aggiunta sono piuttosto anziano e soggetto a convulsioni; ditemi voi se si può vivere in questa maniera».
«Anche io - è la volta di Giovanna Del Ry, la moglie - ho una piccolissima pensione d’invalidità (solo quattrocentomila lire!) perché soffro d’epilessia. Ma il mio dispiacere più grande è vedere i miei figli trascorrere la loro giovinezza nello stretto, dormire per terra tormentati dalle mosche in una roulotte nella quale d’inverno fa molto freddo e d’estate si muore dal caldo, proprio accanto a clandestini turchi e marocchini tossicodipendenti che spacciano droga per sopravvivere. Non possiamo andare avanti così ancora per molto. Abbiamo le mani legate: non si può far domanda per una casa popolare perché non abbiamo la residenza. E non possiamo permetterci neanche di trasferirci in un campeggio a pagamento. I miei bambini fanno qualche lavoretto saltuario; meglio di niente, ma non basta. Sono ragazzi seri: ci vorrebbe un miracolo, cioè che qualche brava persona li assumesse in pianta stabile. Oltre che per noi una soddisfazione immensa, ci darebbe una mano a ridurre i nostri problemi».
«Addirittura - conclude Mangani - alcuni pubblici ufficiali si sono lamentati del rottame di «Ape 50» che si trova a fianco della roulotte. Ma non è nostro! Secondo loro dovrei portarlo altrove, magari in una autodemolizione: e come faccio?»

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