Ernesto, Emiliano e Duccio

Al bando i giovinastri pigliamosche. Per i babilonesi Ernesto, Emiliano e Duccio, la parola d’ordine è: “zingarata” in montagna. Che cos’è una zingarata? È quella gitarella a scopo di trombata en passant, di solito organizzata da un pugno di zingaracci – Ernesto, Emiliano e Duccio, appunto – muniti di credenziali accademiche di livello (nel senso dei litri di birra che sono in grado di scolarsi). Quella che, oggigiorno insidiata dai voli low cost, è d’obbligo fare con un furgone corredato di friabili squarci rugginosi, magari reperito da un mercato dell’usato d’estrazione malavitosa. Quella che ti fa prendere d’aceto quando scopri che le ardimentose dittarelle di noleggio spesso non assicurano i propri veicoli al di fuori dell’Unione delle Brasilie, vezzo che preclude agli zingari qualsivoglia assalto carnale al gentilsesso di marca “Lagostina” delle zone off limits (“Lagostina” perché trattasi di tegami, hem...). Insomma, quella che potrebbe essere etichettata come una delle vacanze “on the road” per eccellenza (mitico Jack Kerouac, perdonaci...). Ma può forse rivivere un “mito”? Potrebbero mai rivivere, oggi, Guevara, Zapata e Galimberti? No. Perché mito significa leggenda, ciò che si dice che esista e che, tuttavia, nessuno conosce. Al limite può rivivere la forza – senza retorica ed eroismi – di forgiare una politica davvero “per il popolo”, da mettere in atto con tenacia e, preferibilmente, senza calcolo. Forse i “puppa e dormi” di oggi condividono con i grandi di ieri solo qualche sogno. O anche la voglia insopprimibile di sanare le piaghe prima che vadano in cancrena, chi lo sa. È pur vero che i tempi sono cambiati così come le contingenze: ieri Guevara, Zapata e Galimberti – uomini, non miti – furono costretti a impugnare le armi. Oggi si può scegliere. Poiché versare sangue, oltreché essere un atto contro natura, in ogni percorso umano innesca scompiglio e recrudescenza. E poi ci sono già troppi statisti paranoici che, a morte e distruzione, rispondono con morte, distruzione e... batter di cassa.  Intanto, comunque, i nostri Ernesto, Emiliano e Duccio avranno la possibilità di rinfrescarsi le idee con un’algida zingarata in montagna, sperando che, al contrario di tutti i giovinastri pigliamosche, non approfittino dell’occasione soltanto per attaccare – ohibò – un collier di preservativi usati allo specchietto retrovisore. Perché, parafrasando Giorgio Bocca: “Salendo verso l’alto, l’aria diviene più pura”.

Bob, sei stato nominato

Quel che segue è una parabola fantasiosa. Ogni allusione a persone o fatti accaduti è fortuita. Omonimi e presunti diretti interessati non ce ne vogliano, poiché tutto è stato orchestrato a fin di bene. Ma veniamo al dunque: negli ultimi 13 anni oltre 1200 giornalisti ed operatori dei mass media sono deceduti sul campo mentre svolgevano il proprio lavoro, spesso perché qualcuno non tollerava ciò che raccontavano. Portando allo scoperto quel che si vuol nascondere, i giornalisti corrono difatti dei rischi inequivocabili, oggi divenuti dimolto preoccupanti. Oramai mobbing, minacce e violenze sono diventati ingredienti inevitabili del cacciucco del cronista: ma, d’altro lato, come si fa a non chiedere perché? Quanti treni deragliano, quanti vulcani eruttano, quanti scannapagnotte abusano del proprio potere e quanta gente viene derubata, oppressa e uccisa; eppure, se non c’è una Shahrãzãd che raccoglie una testimonianza o che scatta una foto, è come se questi fatti non fossero mai accaduti, poiché talvolta la storia esiste solo se qualcuno la racconta. Tuttavia, contro i giornalisti si tende lo stesso a puntare il dito. E il bello è che ciò si avverte ad ogni livello, dalle piazze altisonanti del giornalismo internazionale a quelle più modeste delle cronache cittadine. Un nostro amico, Bob Woodward, cronista provinciale in erba che tempo fa si occupò a più riprese d’un caso d’elettrosmog, ne sa infatti qualcosa. Ecco la storia: il comitato del quartiere “A” di Babilonia – ridente città sul mare dell’eccezionale Repubblica Democratica di Brasilia – muovendo causa, era riuscito a ottenere sulla carta la traslazione delle linee aeree dell’alta tensione perché, a detta dei residenti, queste ultime lo attraversavano senza tenere conto dei necessari criteri di sicurezza. In effetti, la comunità scientifica internazionale non è in grado d’escludere gravi danni alla salute degli esseri umani in seno all’esposizione all’elettromagnetismo. E per alcuni studiosi, addirittura, il bagno di radiazioni può innescare delle modifiche a livello cellulare ed aumentare il rischio di contrarre malattie tumorali. Comunque sia, il trasferimento delle linee venne progettato in direzione dei rioni “B” e “C” della città, i cui abitanti, per reazione, costituirono subito un comitato opposto. Si ebbe la classica guerra tra poveri: quelli di “A” volevano far spostare l’elettrodotto a tutti i costi e in tempi brevi, mentre quelli di “B” e “C”, se proprio dovevano accoglierlo, sempre per tutela della salute esigevano almeno di vederlo interrare. Come andò a finire? Il rione “A”, come da copione, trionfò: il colonnato elettrico fu infatti spostato verso i quartieri “B” e “C” senza interramento, nonostante le proteste. Durante la vicenda, gli articoli di Bob Woodward, anche se in via involontaria, parvero rallentare l’esecuzione dei lavori. Tanto che un giorno il bisunto dr. Richard Nixon, coordinatore del comitato del rione “A” e, casualmente, medico curante dello stesso Woodward, approfittando della confidenza, osò presentarsi a casa del cronista e, col miele sulle labbra, ebbe a domandare: “Ma come mai ti interessi tanto a questo caso? Non avrai mica... qualcosa da guadagnarci?”. Come dire: Bob, sei stato nominato. Roba da querela.

99 fantastici anni

Ciò che segue è una favoletta fantastica. Ogni riferimento a persone o fatti accaduti è assolutamente casuale. Innanzitutto, si viene contattati per telefono. L’operatrice ci informa che si ha diritto a un soggiorno gratuito presso una fantastica località di villeggiatura. E ci invita a ritirare il premio in un “dato posto” a una “data ora” (che variano da città a città, essendo l’iniziativa di tipo itinerante). Rendez vous in cui ci verrà data la possibilità d’assistere alla presentazione delle fantastiche offerte turistiche della società che ha regalato il soggiorno e d’aderire o meno ad esse. Presentazioni in serie, filtrate dal codice personale d’invito, la cui durata può oscillare da un quarto d’ora a venti minuti. E, alla fine, per ogni scaglione d’intervenuti, verranno sorteggiati anche dei fantastici set di valigie da viaggio, a prescindere dall’adesione alle proposte contrattuali illustrate dai venditori. Un’operazione dalla dinamica curata nei minimi dettagli e orchestrata a scopo di vendita e pubblicità dalla “Lee Harvey Oswald Srl”, società che opera nel campo turistico. Iniziative itineranti – queste – che coinvolgono 40.000 nominativi alla volta, piluccati all’interno d’un raggio di 20 chilometri dal luogo dell’incontro. E spesso succede che diversi prescelti ritirino il soggiorno–premio senza assistere alla presentazione poiché l’afflusso – udite bene – ha superato le aspettative. «Progettiamo circuiti turistici – spiega Clay Shaw, amministratore della “Lee Harvey Oswald Srl” – che interessano hotel, villaggi ed appartamenti. Li racchiudiamo in cataloghi, che arrivano a casa dei nostri soci, i quali possono così scegliere il loro fantastico viaggio. Essendo un circuito esclusivo, si può godere di trattamenti d’élite soltanto se ci si associa. E si diventa soci acquistando una fantastica quota immobiliare d’una data struttura alberghiera». «Le multiproprietà – prosegue – non c’entrano niente. Non c’è rodito e non c’è atto notarile: si tratta soltanto di firmare un fantastico certificato associativo – emesso dal “Jack Ruby Embarrassment”, organo internazionale che tutela le formule d’azionariato – che dà diritto a diventare socio del club per 99 fantastici anni. La firma implica il pagamento iniziale d’una fantastica quota che può variare da 8.000 a 11.000 euro circa, a seconda della scelta contrattuale. Ma, dopo l’iscrizione, il nostro socio può godere di tutti i fantastici vantaggi previsti». E aggiunge che «le firme da mettere sono 6 e i documenti da esibire 2; segno evidente che ci rivolgiamo a un fantastico pubblico adulto e consapevole. Chi firma, ha il diritto di recedere entro 10 giorni, altrimenti viene raggiunto a casa e invitato a rispettare il nostro fantastico contratto». Ed è allora, cari i miei clienti adulti e consapevoli, che son fantastici dolori...

Leggi tutto

  • 1
  • 2

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo