I cattolici del PD: la città ha bisogno di nuove alleanze

Livorno. Alleanze politiche alternative per la crescita della città? Secondo una fetta del PD non solo sarebbero utili, ma necessarie. Venerdì pomeriggio folto pubblico alla CNA di Martin Luther King – circa un centinaio di persone – per il convegno "Perchè no? Prospettive per un’alleanza futura", organizzato dall’Associazione Quarta Fase dei Cattolici Democratici di Livorno e Provincia. Tra gli intervenuti, Fabio Del Nista, Ugo Boirivant, Paolo Rotelli, Cristiano Toncelli, Giovanni Cariddi Graziani, Giovanni Pardini, Davide Cecio, che hanno dibattuto su lavoro, sociale e portualità e, soprattutto, hanno iniziato a ragionare a proposito della necessità di stringere nuove alleanze politiche per garantire alla realtà territoriale livornese una governabilità stabile, efficiente ed efficace. Il “buon governo” come bersaglio da centrare, quindi, da concretizzare in virtù del superamento delle divisioni, che non consentono al territorio di crescere o di essere competitivo in quegli àmbiti in cui, invece, potrebbe distinguersi a livello internazionale, con particolare riferimento alle varie attività dello scalo labronico.
«In un momento nel quale trovare spunti di aggregazione alla politica è difficile – ha osservato Fabio Del Nista – abbiamo provato a vedere se riunivamo un po’ di gente. E non intorno al solito soggetto autorevole, ma intorno a noi, tra noi: e mi sembra che l’afflusso dell’iniziativa ci abbia dato ragione». «È oramai stucchevole – ha polemizzato – il confronto immobilizzante che si sta registrando nei livelli decisionali livornesi, così come è stucchevole il rincorrersi a sinistra per capire chi è più a sinistra». «A noi interessa – ha concluso – essere produttivi per la popolazione livornese, essere attrattivi per gli investimenti, essere capaci di decidere che cosa si deve fare in termini di porto, energia, innovazione. Occorrono decisioni: se, in questa città e in questa provincia, le alleanze che dovrebbero determinare decisioni, ad ora, non sono state in grado di farlo, probabilmente è tempo di cominciare a cercare qualche forma di alleanza diversa, che non rincorra obbligatoriamente tutto a sinistra, ma che rincorra il “fare”».

Emin Boztepe, un numero uno a Livorno

Livorno. Restate in zona, ragazzi: non avete ancora visto niente. Perché arriva a Livorno il re del wing tzun Emin Boztepe, artista marziale turco di fama mondiale. Dotato d’altissimo livello tecnico e d’istinto e forza fisica proverbiali, tali da generare un’aura di leggenda intorno a sé. Sarà in città il 20 e il 21 febbraio, per uno stage che si svolgerà alla palestra Green Dragon di via di Popogna in due tempi: venerdì il corso di perfezionamento sarà rivolto soltanto ai membri dell’organizzazione da lui fondata (la Ebmas), mentre sabato potranno beneficiare dei suoi insegnamenti anche studenti, esaminandi e artisti marziali d’altre discipline.
Classe 1962, Emin Boztepe si trasferì da piccolo in Germania con la famiglia. Per via del suo eritage turco, era continuamente bersagliato da insulti razzistici, che spesso sfociavano in abuso fisico. Difendersi divenne assolutamente necessario. Così, a 14 anni, iniziò la carriera di Sifu Emin (“sifu” significa “maestro–padre”) nel campo delle arti marziali. Taekwondo, shotokan, muay thai, lotta libera turca, box, wing tzun leung ting system e pmas escrima latosa system: questo il suo curriculum marziale, da paura. Allievo di Keith Kernspecht – capoistruttore dell’Organizzazione Europea di wing tzun e, a sua volta, allievo più anziano del gran maestro Leung Ting – negli anni ‘90 Boztepe fu inviato a diffondere il wing tzun negli USA, in Canada e in Messico, dimostrando già allora d’avere non una, ma una decina di marce in più rispetto alla media. Dopo alcune controversie con la federazione presieduta da Kernspecht, nel 2001 dette vita all’Ebmas wing tzun (Ebmas è l’acronimo di Emin Boztepe martial arts system), suo personale sistema d’approccio al wing tzun. Nel quale le varie tecniche, per un discorso d’evoluzione sostenibile, iniziavano a venire costantemente studiate e migliorate da lui stesso. Va da sé che, con la nascita dell’Ebmas wing tzun, Boztepe sentisse l’esigenza di fondare una sua federazione: perciò vide la luce la Ebmas, che oggi vanta circa 40 scuole in oltre 30 paesi. Attualmente Sifu Emin vive e insegna l’Ebmas wing tzun negli States. Ha allenato numerosi corpi d’élite dell’esercito e della polizia, come il 4° Battaglione di ricognizione del corpo dei Marines degli USA e l’Hostage Rescue Team dell’FBI, cioè la squadra di recupero ostaggi. Inoltre gira il mondo per seminari: oltre che negli Stati Uniti, è richiestissimo in Europa, nei paesi dell’Est, in Canada, in Sud America e in India. Quando non si allena per 4 ore al giorno oppure quando non insegna, lavora alla sua carriera d’attore in pellicole d’azione girate in USA e in Europa. Ultimi ma non ultimi: risaputi sono il suo caratteristico buonumore e l’energia inesauribile.
È lecito chiedersi: Boztepe è dunque un mito? E l’Ebmas wing tzun è davvero efficace? Per saperlo, non resta che interrogarci su quale sia la percezione degli addetti ai lavori circa Sifu Emin e l’arte marziale da lui rielaborata. Abbiamo quindi chiamato in causa il livornese Damiano Morelli, istruttore del wing tzun targato Ebmas presso la palestra Colosseum di via dei Bagnetti, marzialista tra i più preparati della nostra penisola, che vanta un curriculum di karate, judo, boxe e wing tzun spalmati lungo oltre vent’anni d’attività. «Prima di prendere parte a uno dei suoi seminari – ci ha confidato Morelli – in verità credevo che Sifu Emin fosse stato mitizzato. Verso la metà degli anni ‘90 partecipai a un suo stage: ebbene, ciò che dicevano sul suo conto era vero. Boztepe è un artista marziale eccezionale. Avendo avuto la possibilità di conoscerlo anche al di fuori delle ore di lezione, ho potuto inoltre apprezzarlo anche dal punto di vista umano. Infatti ai seminari seguono sempre cene aperte a tutti, nel corso delle quali il divertimento è assicurato». «L’Ebmas wing tzun – ci ha poi spiegato – è un sistema di difesa personale puro, nel senso che non è stato creato osservando le altre arti marziali, imitandone le tecniche. Si tratta d’un sistema originale, creato centinaia d’anni fa e reso attuale grazie alle teorie fisiche, geometriche e matematiche su cui si basano le sue tecniche di combattimento, che sono lineari, logiche, intelligenti, raffinate e semplici. È una forma di difesa personale nella quale la forza non rappresenta l’elemento determinante. Perché si tratta d’una disciplina rivolta a un pubblico eterogeneo per età, sesso e peso. Un istruttore Ebmas deve insegnare a chiunque come affrontare con sicurezza psicologica e fisica le diverse sfumature legate a un’aggressione».

«Ma così non viviamo più»

Livorno. Di atto vandalico si è trattato, davvero difficile dubitarne. Nel mirino sono finiti una schiera di mezzi a due ruote, tutti andati in fumo. Scintille che hanno sprigionato fiamme dolose, illuminando alle prime luci dell’alba la centralissima via Poggiali, vale a dire quella via breve che lambisce piazza Magenta e cade a perpendicolo su corso Amedeo. Ingenti i danni: oltre ai ciclomotori, circa 6mila euro al centro estetico «Le dune» (da distribuire tra tende bruciacchiate, vetri scoppiati e una saracinesca deformata per il calore), un fuoristrada Mitsubishi «Pajero» con il muso rovinato e una parete di un edificio annerita. Un rogo gratuito che ha ribadito come degrado e teppismo siano divenuti il tallone d’Achille di questa frazione di centro oramai «bruciata», e non solo per via dell’agire spregiudicato dei piromani.
«Di giorno - dice Susanna Lucarelli, titolare del centro estetico «Le dune» e moglie di Cristiano Lucarelli, beniamino dei tifosi amaranto - in questa zona non notiamo cattive frequentazioni. Ma di notte la cosa cambia. Comunque, sino ad ora, quando la mattina apriamo, non abbiamo mai trovato spregi di sorta, per cui mi auguro che sia stata solo una bravata che è scappata di mano; dopotutto siamo a Livorno, una città piuttosto calma. Tuttavia, per prevenire queste cose, ci vorrebbe più sorveglianza. Ma qui i poliziotti di quartiere non si vedono: al mattino ci sono soltanto i vigili urbani a fare le contravvenzioni». Dello stesso parere Dunia Tolomei Sumberaz del negozio d’abbigliamento per l’infanzia «Paradiso dei bambini»; «Prima di Natale, è passato da queste parti un giovanissimo carabiniere: da quel momento di ronda di quartiere nemmeno l’ombra. Questo posto è diventato uno schifo, uno scempio, ultimamente frequentato anche di giorno da brutti ceffi, forse stranieri. Siamo stanchi di pagare le tasse, metterci nelle mani dell’amministrazione comunale e poi subire tutto questo». Rossano Fantozzi del bar «Magenta» osserva inoltre che «qualche anno fa c’era davvero un brutto giro, ma col tempo le cose erano migliorate. E proprio ora che pareva tutto tranquillo, ecco che è accaduto questo. Che cosa ci vorrebbe? Più vigilanza, assolutamente».
Tra gli habitué più giovani di piazza Magenta, Luigi Curci, per il quale per far fronte al vandalismo «bisognerebbe andare a parlare col sindaco allo scopo di farsi garantire maggior tutela». Mentre secondo Serena Fina «di un’azione del genere non escluderei la premeditazione, poiché i giovani d’oggi sanno intraprendere le proprie strade, sono molto determinati».
In conclusione, Carla Pieralli, abitante della zona: «Di notte, in piazza, succede di tutto: gruppi di persone, immigrati ma anche livornesi, che si picchiano, cani che si azzuffano e via dicendo. E noi abbiamo paura perché è a rischio anche la nostra incolumità: tempo fa, infatti, mi è arrivato addosso un sasso da un gruppetto di giovani, di sicuro livornesi. Mio marito, quella volta, chiamò i carabinieri, ma non venne nessuno. Sorveglianza notturna: ecco che cosa ci vuole».
Insomma, un coro unanime. Ora c’è da augurarsi che l’episodio non venga minimizzato e che qualcuno si faccia carico, in maniera seria, del problema. La gente intervistata è stata chiara; chiede maggiori controlli e sicurezza. E sorveglianza nelle ore notturne.

Marito, moglie e quattro figli: il dolore in una roulotte

Livorno. In piazza Luigi Orlando, nel piazzale antistante il Cantiere Navale «F.lli Orlando», a poche decine di metri dalle abitazioni della zona, una famiglia intera vive in precarie condizioni d’igiene e sicurezza in una roulotte striminzita: marito e moglie sulla sessantina e quattro figli costretti da circostanze avverse a coltivare un’esistenza fuori dal tempo. E come se non bastasse additati dall’intolleranza.
«Otto anni fa mia moglie decise di lasciarmi - racconta Sergio Mangani, il marito - ed io rimasi a vivere da solo in un appartamento della ex «Casa Firenze» di Antignano. Lei e i ragazzi si stabilirono in questa roulotte (tra l’altro regolarmente acquistata grazie ai pochi risparmi) e da allora non si sono più mossi da qui. Io, invece, abitando solo, talvolta ospitavo qualche barbone, cosa che non sembrava piacere al vicinato e che spesso sfociava in discussioni parecchio accese. Durante la degenza all’ospedale per polmonite, mi fu rubato tutto: mobili, televisore e persino il cane. Allora decisi di trasferirmi qua, insieme a mia moglie. Ma non sempre passo la notte in roulotte: infatti, quando il clima lo permette, vado a dormire sul viale Italia, sotto le palme. Sono invalido civile e riscuoto una pensione di poco più d’un milione al mese. In aggiunta sono piuttosto anziano e soggetto a convulsioni; ditemi voi se si può vivere in questa maniera».
«Anche io - è la volta di Giovanna Del Ry, la moglie - ho una piccolissima pensione d’invalidità (solo quattrocentomila lire!) perché soffro d’epilessia. Ma il mio dispiacere più grande è vedere i miei figli trascorrere la loro giovinezza nello stretto, dormire per terra tormentati dalle mosche in una roulotte nella quale d’inverno fa molto freddo e d’estate si muore dal caldo, proprio accanto a clandestini turchi e marocchini tossicodipendenti che spacciano droga per sopravvivere. Non possiamo andare avanti così ancora per molto. Abbiamo le mani legate: non si può far domanda per una casa popolare perché non abbiamo la residenza. E non possiamo permetterci neanche di trasferirci in un campeggio a pagamento. I miei bambini fanno qualche lavoretto saltuario; meglio di niente, ma non basta. Sono ragazzi seri: ci vorrebbe un miracolo, cioè che qualche brava persona li assumesse in pianta stabile. Oltre che per noi una soddisfazione immensa, ci darebbe una mano a ridurre i nostri problemi».
«Addirittura - conclude Mangani - alcuni pubblici ufficiali si sono lamentati del rottame di «Ape 50» che si trova a fianco della roulotte. Ma non è nostro! Secondo loro dovrei portarlo altrove, magari in una autodemolizione: e come faccio?»

L’acqua benedetta "divide" i fedeli

Livorno. Chiesa e discount shakerati ad arte con tanto di benedizione, come diavolo e acquasanta. E, inevitabilmente, il fuoco mefistofelico della polemica ha di nuovo illuminato il cammino di credenti e non. Una diatriba nata dall’impossibilità d’interrompere una delle tradizioni oramai secolari del Santuario di Montenero: quella legata alla «vendita» - oppure «offerta», che dir si voglia - d’acqua e olio benedetti ai fedeli. «Operazione commerciale» a rischio tracollo per l’intervento dell’Usl, il cui veto, un anno fa, negò per motivi igienici la vendita ai devoti d’acqua «corrente» consacrata. Costringendo pertanto i religiosi ad acquistare stock di bottigliette d’acqua «Lora» Recoaro e olio di marca ed applicare su ognuna di esse un’etichetta adesiva semitrasparente. Sopra è stampata l’effigie della Madonna di Montenero. Poi tutto viene benedetto 1000 pezzi per volta. Gli articoli vengono distribuiti, ancora sigillati, in cambio d’una «offerta». Secondo l’opinione di alcuni, un gesto tra il sacro ed il profano, ben lontano dallo spirito religioso. Secondo i devoti, invece, una giusta raccolta di fondi per sostenere le opere di carità del santuario.
«Condivido che si prosegua la tradizione dell’acquasanta - afferma Bruno Lo Porto, animatore del Comitato «Casi socialmente rilevanti», che è stato tra i primi a denunciare la vicenda, ma avrei un semplice calcolo da fare: se si «vende» una bottiglietta da 25 centilitri a 1 euro, ciò vuol dire che 1 litro d’acqua, ovvero 4 pezzi, costa 4 euro. In altri termini, quasi 8.000 vecchie lire al litro! Fare un’offerta è una cosa; ma un’offerta con indicazione obbligata la dice lunga su quella che io considero soltanto un’operazione commerciale. Spero quindi nell’intervento delle autorità competenti per verificare se la cosa rientri nella legalità. Poiché vendere 1 litro d’acqua a 8.000 lire è assolutamente illegale!».
«Gli introiti - osserva invece Mario Canessa - che i monaci ricavano da queste offerte vengono utilizzati per il mantenimento di questo complesso, che è davvero imponente. E una parte di essi va anche in beneficenza, a sovvenzionare le attività di volontariato organizzate dal Santuario. Per quanto riguarda il valore spirituale dell’acqua benedetta... c’è chi sceglie di crederci e chi no, dipende tutto dalla fede». Critica Fortunata Sanfilippo: «È quanto meno opportuno che si vada a fondo nella questione per accertare che il denaro sia devoluto in opere di beneficenza e che queste iniziative non siano esclusivamente fonti di guadagno».
«A mio parere - dice Roberto Motroni - l’acqua minerale va smerciata nei negozi o nei supermarket, e non in chiesa. La chiesa dovrebbe vendere fede, ricordi sacri e tutto quello di cui hanno bisogno i credenti». Tocca poi a Dina Di Franco: «Non comprerei mai una di quelle bottiglie perché, quando ho seri problemi da affrontare, mi rivolgo direttamente all’alto, senza intermediari. Questo è il mio modo d’intendere la religione».
«Noi commercianti - conclude Marzio Conti, presidente della «Pro Loco» di Montenero e titolare del ristorante omonimo - stiamo iniziando a preoccuparci. Soprattutto a causa di chi sta spingendo il «business religioso» decisamente oltre; un atteggiamento che rischia di mettere in crisi l’intera piazza. Quindi, mi sento in dovere di lanciare un SOS ai nostri amministratori, affinché ci difendano dallo strapotere del Santuario. Perché credo che si dovrebbe rimettere in discussione qualche autorizzazione di troppo».

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo